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E’ il 4 marzo quando il governo decreta la sospensione delle attività didattiche e la chiusura di tutte le scuole del Paese in seguito allo sviluppo inaspettato della diffusione del coronavirus. L’edificio che ospita la scuola secondaria di secondo grado “Galileo Galilei” è forse il più grande fra gli edifici scolastici della città, una struttura di quattro piani con un’ottantina di aule, che ospita 1320 studenti e 180 insegnanti, suddivisi, gli uni e gli altri, nei tre indirizzi professionale, tecnologico e liceale ...continua
Il 5 marzo, questo enorme spazio si ritrova improvvisamente deserto, fatta eccezione per la presenza di alcune persone del personale ATA , del custode e del personale di segreteria. Più qualche sparuto insegnante che torna alla spicciolata a prendersi i libri, così come alcuni alunni ligi al dovere. Il silenzio e il vuoto, in questa scuola normalmente pullulante di studenti spesso in movimento per il cambio dell’ora da un’aula all’altra, sono quantomeno stranianti. Ed è già in serata che, fra gli insegnanti, c’è chi attiva una chat di gruppo alla quale invita a partecipare tutti i contatti di colleghi che ha in rubrica, ai quali se ne aggiungono poi altri, che chiedono di essere inseriti nel gruppo. Una chat per condividere lo sgomento rispetto alla situazione, per cercare di metabolizzare insieme il drastico cambiamento, ma anche per scambiarsi domande, dubbi, riflessioni e timori. Nel giro di un paio di giorni, sul registro elettronico , in bacheca compaiono indicazioni su come comportarsi per la didattica a distanza e tutorial sull’uso di varie piattaforme. Successivamente, la Dirigente organizza un primo contatto online con i coordinatori, per fare il punto della situazione, individuare problematiche nella gestione a distanza delle classi e della didattica e ipotizzare soluzioni. E’ una situazione nuova per tutti ed è quindi gradita qualsiasi idea che sia praticabile e condivisibile. Qualche tempo dopo, il primo collegio docenti online, con proposte più precise e concrete da parte dello staff di presidenza. E, a seguire, i primi consigli di classe, dove si discutono le proposte presentate in collegio e si parla di problemi organizzativi ma soprattutto dei ragazzi, perché i ragazzi sono il centro, il cuore del nostro lavoro, a cui offrire non solo istruzione e metodi ma in questo momento anche, e forse soprattutto, dialogo e sostegno.
Quel che colpisce di queste riunioni è un clima di grande attenzione e ascolto reciproco. Non che prima regnasse tensione all’interno dei consigli , tutt’altro, lo spirito di collaborazione è da sempre la cifra di questa scuola . Ma adesso c’è qualcosa di più, una tacita vicinanza in un momento difficile che ci livella tutti in un’unica dimensione, quella della consapevolezza del bisogno l’uno dell’altro per portare avanti un progetto arduo come quello che ci si presenta in questo periodo.
La didattica a distanza, questa sconosciuta.
In un tempo sospeso e di socialità negata com’è quello della quarantena, conciliando vita familiare e lavoro da casa, fin dai primi giorni si innesca e produce frutti un meccanismo a spirale, un circolo virtuoso che vede moltiplicarsi i contatti e le informazioni fra i docenti. Molti professori , oltre che utilizzare il registro elettronico per inviare materiali e compiti ai propri studenti, si cimentano per la prima volta, fra problemi di connessione e linee intasate, nella sperimentazione di piattaforme per l’insegnamento a distanza: Zoom, Weschool, Teams … Ma ci sono anche i docenti refrattari all’uso di un mezzo così indiretto, macchinoso e freddo per comunicare con gli studenti. E c’è anche chi, non avendo i mezzi o la situazione più adatta per lavorare a casa, ottiene il permesso di entrare a scuola per utilizzare un pc. In tutti i casi, anche se in modi diversi, tutti fanno la loro parte , e la fanno di cuore, mettendoci il meglio, perché mai come ora si sentono necessari, indispensabili, ora che gli studenti sono lontani e mai come ora dipendono da loro. E perché il primo sentimento che scaturisce da questa situazione inedita e surreale è quello
autentico e sincero della solidarietà. La scuola, alla stregua di un motore che carbura in fretta, adotta una modalità nuova, quella virtuale e, fra errori e correzioni, attraverso un procedimento per tentativi e migliorie alle pratiche didattiche, realizza un dimensione di grande e forte condivisione con gli studenti . A tutti i livelli, dal più debole al più dotato. Con esiti spesso imprevisti, di maggiore impegno da casa da chi meno te lo saresti aspettato.
Ed ora che Spaggiari ha attivato le “aule virtuali” anche nella nostra scuola, molti di noi in questi giorni di vacanza stanno imparando a conoscere questo nuovo strumento che dovrebbe semplificare e rendere uniformi molte procedure operative. Una cosa è certa: nonostante la quasi certezza di non poter riprendere le lezioni in presenza entro la fine dell’anno scolastico, il sentimento di appartenenza alla nostra scuola è sicuramente cresciuto , sia per noi docenti che per i ragazzi, e questa è una condizione molto importante perché ci dà la certezza che il rientro nelle aule , in qualunque momento avverrà, sarà all’insegna di una rinnovata o acquisita consapevolezza, a seconda dei casi, dell’importanza e bellezza della scuola come luogo di vivo e vivace incontro, relazione e comunicazione fra individui pensanti.
A cura della prof.ssa Stefania Tabarelli de Fatis